L’ARCIPELAGO DI CHI E’ NARCISO

Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il

Il termine narcisismo sembra essere entrato nel vocabolario comune, sia che si riferisca a una dimensione privata o pubblica. Il narcisismo non è un tratto univoco, ma un arcipelago. Il narcisismo è una parola che nasce dalla letteratura e dal mito, diventa un concetto psicoanalitico e poi una diagnosi psichiatrica della personalità: spesso viene usata per descrivere un clima sociale e una atmosfera collettiva, ma rinchiudere il narcisismo nella gabbia di una definizione rischia di celare la sua complessità. Anche se di solito al negativo, esiste  anche un narcisismo sano, cioè la capacità di regolare l’autostima sapendo riconosce contemporaneamente i nostri limiti, il nostro valore o ambizioni. Il narcisismo sano è una soddisfazione di sè equilibrata, non autocelebrativa. E’ la capacità di godere dei propri successi, ma anche di quelli degli altri, è conoscere la gratitudine, non invidiare o vergognarsi troppo, non usare gli altri come pubblico della propria unicità o termometro del proprio valore. In definitiva siamo tutti narcisisti, ma non tutti allo stesso modo. Le sfumature sono infinite e, soprattutto, una cosa è avere tratti narcisistici, un’ altra, avere un disturbo narcisistico della personalità. C’è differenza tra un sano amor proprio e la sua patologica celebrazione. La letteratura clinica, ma anche la ricerca empirica, è concorde nel dire che ci sono un narcisismo dell’arroganza e uno della fragilità, che spesso convivono nella stessa persona. Uno psicanalista inglese, Herbert Rosenfeld cinquanta anni fa, distinse i narcisisti “a pelle spessa”( thck skin ), arroganti e sprezzanti, da quelli a “pelle sottile”( thin skin ), fragili e timorosi del giudizio altrui. Oggi si parla di narcisismo overt, evidente, con caratteristiche arroganti, esibizionistiche, aggressive, e di narcisismo covert, segreto, con caratteristiche di vergogna, ricerca di approvazione e vulnerabilità alla critica. In modi opposti, entrambi rappresentano un fallimento nella regolazione dell’autostima. 

In base all’intensità delle caratteristiche appena elencate possiamo arrivare a quella che clinicamente definiamo sindrome del “narcisismo maligno” che implica dimensioni antisociali, paranoidi e sadiche, con totale mancanza di empatia. L’estremo più inquietante del narcisismo patologico è quello psicopatico, il profilo che a volte intuiamo dietro molte storie di violenza. Ma la violenza relazionale è forse più spesso figlia del narcisismo fragile, persone incapaci di riconoscere l’altro, di solito l’altra, come separata, che può decidere di lasciarmi e non dipendere da me. Un opera dell’artista polacco Kuczynski mostra il famoso Narciso di Caravaggio che si riflette non più in una fonte circondata dal boschetto, ma nello schermo di un gigantesco smartphone: il mare narcisistico globale. Tornare indietro , per ora, mi sembra impossibile. Ma come non riconoscere che molta vita social sia un teatro di amplificazione narcisistica, per alcuni nella direzione di megalomania e grandiosità, per altri dell’invidia e quindi dell’indegnità. Non amo generalizzare e continuo a essere convinto, da clinico, che ogni storia è personale e risultato di percorsi che riguardano, oltre alla  sfera sociale, anche quelle biologiche e psicologiche. Temo di dover, comunque, dover dire che il narcisismo come fenomeno collettivo è in aumento. Lo dico sia  in base alla lettura della cronaca, rosa, nera o politica, sia in base alle problematiche legate alla ealizzazione di sè  che ascolto nella mia attività di terapeuta. Vedo una rilevante trasformazione  e mistificazione narcisistica nel modo di intendere la politica, le relazioni e anche il corpo.

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