GIOVANI E DESIDERIO

Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il

 Non bisogna commettere l’errore di identificare questa generazione come vittima inerme del trauma del Covid. Piuttosto vorrei interrogarmi sulla matrice più profonda di questo disagio, ovvero su rapporto tra le nuove e le vecchie generazioni. Secondo una opinione divenuta comune la causa principale di tutta questa sofferenza si deve rintracciare nel carattere disossato dei nuovi genitori che si rileverebbero del tutto incapaci del tutto incapaci di assolvere il loro compito educativo. Una eccessiva preoccupazione di essere amati, già più segnalato, come sintomo specifico della genitorialità ipermoderna, li rende incapaci di sopportare il conflitto che anima inevitabilmente il rapporto tra generazioni differenti. L’accusa si rafforza diventando una sentenza morale: è il carattere smidollato dei genitori, troppo preoccupati a risparmiare ai figli il duro impatto con una realtà sempre più precaria, a determinare l’estrema fragilità di questi ultimi. Ne consegue che la sola possibilità di uscire da questa evidente di crisi sarebbe il ripristino dell’autorità educativa delle vecchie generazioni. In realtà si tratta di un ideale di restaurazione che appare tanto più disperato quanto sempre più irrealizzabile e che, non ha caso, ispira la politica della famiglia e della scuola del nostro attuale governo. Condannare le nuove famiglie e la scuola a disertare il loro compito educativo è tanto facile quanto inutile perché da questa crisi non se può uscire rievocando nostalgicamente i valori perduti della tradizione. Innanzitutto, perché questi valori, prima della più che legittima contestazione del ‘ 68, non offrivano affatto un modello pedagogico positivo. Tutt’altro: il sequestro della parola, l’abuso di potere, la discriminazione sociale, l’annullamento del pensiero critico, una concezione solo correttiva e punitiva del processo educativo, non mi sembra che possano essere impugnati oggi come punti di riferimento ideali.

 Lo sguardo rivolto solo all’indietro non può mai essere in grado di abitare generativamente l’avvenire. Se analizziamo in modo sintetico le forme prevalenti del disagio psichico delle nuove generazioni colpisce il denominatore clinico che le accomuna. Si tratta della fatica diffusa ad accendere il proprio desiderio, strano ma vero. In un tempo come il nostro, che ha sdoganato il piacere da ogni forma di reticenza, pudore e morbosità morale, il desiderio non si espande, ma tende ad appassire. E’ un paradosso epocale: l’acquisizione di una libertà di massa inedita non favorisce la presenza del desiderio, ma genera la sua tendenziale estinzione. E’ possibile perché le nuove generazioni fanno sempre più fatica a desiderare. Una prima risposta riguarda il rapporto del desiderio con la legge. Più la legge evapora, più il desiderio perde il proprio slancio, poiché, il desiderio tara la sua spinta trasgressiva proprio dall’esistenza della legge. Anche questa risposta resta in superficie. In realtà, una legge che limitasse a contenere il desiderio verrebbe meno al proprio conto, il quale non è tanto quello di interdire il desiderio, ma di renderlo umanamente possibile. Il problema centrale delle nuove generazioni è quello di non riuscire più a cogliere nel desiderio il senso più profondo della legge. Nella tradizione biblica ed in quale psicoterapeutica questo senso si chiama vocazione. In questa luce il desiderio non appare come antagonista della legge, ma diviene esso stesso legge. Sicché il desiderio non è più una contrapposizione morale al dovere, ma assume la forma più pura del vero dovere. Questo è forse ciò che salverebbe la vita dei nostri figli: essere animato da una vocazione che rende il loro desiderio la forma più alta del loro dovere. Non di meno, affinché questo sia possibile, è necessario che i nostri figli trovino testimonianze incarnate di questa possibilità – fare del proprio desiderio un dovere – nelle vecchie generazioni. La cui responsabilità non sarebbe tanto quella di essere incapaci nel far valere l’autorità della legge, quanto piuttosto nel non riuscire a dare testimonianaza credibile del loro stesso desiderio. Di cosa ha necessità un figlio se non nel vedere che vi sia qualcuno che sa vivere su questa terra facendo del desiderio il proprio dovere. Si tratta, allora, per i nuovi educatori, di non farsi troppo rappresentanti della legge che disciplini il desiderio, ma nel portare con se il fuoco del desiderio. I buoni , di cui i nostri figli smarriti hanno bisogno, sono coloro che sanno ancora portare il fuoco grazie al quale la vita può essere accesa.

 

 

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