LA SCOPERTA DELLA SCUOLA
Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il
LA SCOPERTA DELLA SCUOLA
La riapertura della scuola è avvenuta in modo contraddittorio e caotico. La stanchezza e lo sconforto di molti insegnati, studenti e famiglie hanno spinto il governo a questa decisione la quale però resta non solo disattesa in alcune Regioni, ma non smette di suscitare reazioni divergenti. Resta di fatto che nel tempo della seconda ondata della pandemia la didattica a distanza ha mostrato irrimediabilmente i suoi limiti e gli studenti protestano invocando il loro diritto allo studio violato dall’emergenza sanitaria. Più in generale il ripristino della comunità viva della scuola è avvertito da tutti come una priorità. La chiusura delle scuole si scarica in particolare sulle famiglie con meno risorse economiche e socialmente più svantaggiate. Tutto questo è vero, legittimo ed incontestabile. La circolazione del virus miete ancora troppe vittime, le misura sanitarie adottate sino ad ora non si sono mostrate in grado di frenare significativamente la corsa. Molti scienziati sostengono che se non verranno adottate misure più restrittive presto ci troveremo nella situazione drammatica in cui si trovano molti Paesi Europei. Si capisce allora che in una tale situazione le legittime rivendicazioni della riapertura della scuola non possono non suscitare forti preoccupazioni. Compito del discorso educativo non è mai quello di perseguire illusioni, ma quello di tenere conto del reale soprattutto quando esso appare nel suo volto più ostile. La strada di ogni processo formativo non è mai spianata, ma è fatta di imprevisti, cadute ed accidenti. La pandemia accentua eccezionalmente la regola che si dà formazione solo se si conosce l’esperienza dell’ostacolo, dello smarrimento e dell’angoscia.
Non c’è effetto di formazione che non abbia come presupposto l’incontro con il carattere inemendabile del reale. Il nostro reale di questo terribile anno è contrassegnato dall’emergenza sanitaria. Non si può negare, come fanno ostinatamente alcuni, questo tremendo dato di fatto. Si tratta piuttosto di provare a modificare il nostro punto di vista sulla pandemia per cui la sua presenza è soltanto qualcosa che ostacola la trasmissione del sapere e i processi di apprendimento. Siamo tutti prigionieri di questa evidenza. Dobbiamo provare a considerare il trauma del Covid non tanto come ciò che oggettivamente ha imposto la chiusura della scuola, ma come ciò che ha reso possibile la sua apertura permanente. Il tremendo magistero del Covid è per i nostri figli, di gran lunga superiore a quello che può essere impartito nelle aule della scuola. Dobbiamo provare a pensare che questo tempo non è affatto tempo perso, tempo di arresto dell’attività didattica, ma un tempo dove la scuola continua ad operare sebbene in forma nuova. I nostri figli non è vero che non stanno imparando nulla da questa lezione. Molti insegnanti compiono già questo difficile lavoro di provare a vedere nel trauma del Covid non tanto l’accidente che impedisce l’attività didattica, ma ciò che la sprona. Questo da sempre è il grande compito della scuola. In gioco non è solo la salvaguardia dell’attività didattica dalla presenza ostile del Covid, ma l’applicazione di questo trauma collettivo nella didattica. Nel mondo ideale tutto è possibile, ma nel mondo reale siamo costretti a fare esperienza dell’impossibile. Gli insegnanti che si sono sperimentati in questo anno nel lavoro con la Dad hanno dato prova di tenere conto dell’impossibile nel processo di formazione non arretrando sul loro desiderio di insegnare ma adeguandolo alle asperità imposte dal reale. Essi sanno bene come nel loro lavoro quotidiano non si tratta trasmettere delle nozioni ma di dare innanzitutto prova di una resistenza attiva al potere della distruzione testimoniando che la cultura non arretra di fronte al male anche quando esso ha forma di virus.
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