LA PARTITA CHE SPETTA AL CITTADINO
Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il
LA PARTITA CHE SPETTA AL CITTADINO
L’attacco della seconda ondata di pandemia sta nuovamente cambiando lo spirito collettivo del Paese. La scoperta dell’insidia del male ci aveva spinti ad aderire alle misure di cautela decise dal governo come una obbligazione volontaria alla necessità. I miglioramenti del contagio avevano risvegliato l’insofferenza latente per ogni regola e per qualsiasi costrizione, come se la battaglia fosse vinta. Ora, davanti ai numeri giornalieri di contagio più alti di sempre, la paura ritorna sotto forma di angoscia, con senso di impotenza generale nel vedere che il Covid 19 come agente sociale e non soltanto patogeno sa ritirarsi e poi ripartire all’assalto dell’intero genere umano , nella minaccia più universale che abbiamo conosciuto nella nostra esperienza di vita. Le armi del progresso che dovevano tutelarci, scienza, medicina, biotecnologia e conoscenza sono tenute in scacco da questo microorganismo alieno capace di mandare in panne il mondo intero, perché agisce sotto la linea d’ombra della modernità, con il meccanismo atavico del contagio. Ci sentiamo disarmati, proprio nel momento in cui abbiamo più bisogno di tutela. Siamo tornati a chiedere al governo misure di protezione, di contenimento , come è naturale in situazioni eccezionali , quando l’istinto collettivo si rivolge all’autorità legittima del Paese. L’esperienza precedente di primavera, ci ha insegnato che la battaglia non si vince soltanto a colpi di decreto, di imposizioni normative, di misure prescrittive sul distanziamento, le mascherine, gli orari dei bar nella movida. Molto di questa sfida dipende da noi, dal senso di responsabilità dei cittadini, dalla nostra capacità di autoregolazione, dal senso di tutela reciproco di una comunità che sente il dovere di garantire se stessa. Esiste per ognuno di noi una quota giornaliera di esposizione di rischio che può essere portata all’evidenza della coscienza individuale, perché la riduca, limitando il pericolo per noi stessi e per gli altri, in primo luogo la fascia dei parenti, amici, colleghi e conoscenti con cui scambiamo quotidianamente, e che dovrebbero starci più a cuore.
La pandemia ci presenta un caso esemplare di rapporto tra l’individuale ed il collettivo, il privato ed il pubblico, perché nelle nostre azioni per distanziare il Covid, togliendogli spazio di azione, ogni atteggiamento di protezione verso se stessi diventa automaticamente un atto di salvaguardi nei confronti del prossimo. Quindi anche la solidarietà, e non solo il Covid, ha suo moltiplicatore esponenziale, ed è la responsabilità. Non c’è bisogno dell’ordine impartito dal governo per imporci il dovere di uno sforzo supplementare di attenzione, di cautela, di prevenzione che ripari il sistema minimo di relazioni sociali in cui ci moviamo, trasferendolo per quanto si può da pericolo in uno scambio di garanzie reciproche, a tutela della civiltà e non solo della salute. Questo non significa che il potere pubblico non sia tenuto a fare la sua parte e che i cittadini non debbano esigere quelle misure di contrasto che dipendono esclusivamente dal governo e maggiormente dalle Regioni. Sapendo che l’arma totale contro il Covid ancora manca e non dipende dalla politica o dai governi, prendiamo, dunque, un pezzo di sovranità nella lotta contro il Covid e gestiamola in proprio, siamo cittadini e non spettatori.
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