LA DROGA ZOMBIE
Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il
Ne avevo sentito parlare da vario tempo, ma non avevo mai potuto osservare in presa diretta i suoi effetti. Nel nostro paese, da quello che mi risulta non circola ancora. Pochi giorni fa ho avuto modo di osservare un filmato girato in una Seattle dall’aria triste e abbandonata, le sue vittime. Quello che colpisce è la postura bloccata dei corpi, come colpiti da una paralisi inquietante, corpi sospesi vivi ma senza vita, marmorizzati, imprigionati in un denso ed infernale torpore, immobilizzati, specie di culture morte, ripiegate su se stesse, accartocciate in posizioni irreali. Come i corpi pietrificati di Pompei in fuga dall’encandescenza della lava, corpi irrigiditi in una sorta di ultimo spasmo di vita, corpi senza scampo, senza più vie di fuga. La sostanza è un mix chimico micidiale di due molecole: la Xilazina, utilizzata per lo più nella medicina veterinaria come prodotto sedativo per animali di grande mole, il Fentanyl, un oppiode sintetico con effetti analgesici. Questi nuovi tossicomani vengono chiamati Zombie. Nel film Horror gli Zombi appaiono per lo più nella forma dei morti che riprendono imprevedibilmente vita, che ritornano spettralmente dal mondo buio dell’oltretomba alla ricerca di una vita umana da sbranare. Nel filmato, invece , questi giovani Zombie apparivano solamente come vite già morte. Non dunque come vite morte che ritornano spettralmente vive, ma come vite vive che appaiono già intaccate dalla morte. La visione è stata davvero impressionante anche per uno psicoterapeuta abituato a che fare con le forme più gravi della sofferenza umana: lo sfondo, il degrado sociale e la povertà, la vita esclusa, schiacciata nell’angolo, lasciata cadavere. Questa droga è diversa da quella che abbiamo già conosciuto. Negli anni 70 del secolo scorso l’eroina si era configurata come il paradigma trasgressivo dell’intossicazione. L’ exstasi , il paradiso artificiale, la fuga dalla realtà, ma anche la contestazione nei confronti del sistema, il suo ripudio radicale, la sua condanna senza appello. Distruggersi per non far parte di un mondo i cui valori erano anarchicamente rifiutati. Quel primo paradigma trasgressivo dell’intossicazione implicava la dissociazione dal conformismo della vita borghese e l’illusione che potesse esistere una vita differente, svincolata dall’ideologia dei consumi e dalla violenza del capitalismo. Abbiamo poi conosciuto un paradigma completamente diverso.
EE’ quello iperattivo che trova nella cocaina la sua sostanza ideale. In questo caso la contestazione del sistema ha lasciato il posto alla sua più estrema assimilazione. In primo piano non è più il flash del godimento eroinomane come via illusoria di accesso ad un altro mondo, ma l’avidità senza scrupoli e senza tregua di un godimento pienamente omogeneo alla pulsione neo libertina del capitalismo finanziario. Il consumo della cocaina non dissocia la vita dal sistema, ma la rende competitiva, rafforza il principio di prestazione, amplifica la volontà di potenza del proprio io. Mentre l’illusione del paradigma trasgressivo dell’eroina consisteva nel raggiungere una forma di vita alternativa a quella del consumatore borghese, quella sostenuta dalla cocaina si definisce come una sorta di corsa maniacale verso un godimento senza limiti. Mentre l’eroina è una droga dell’inconscio, la cocaina è una droga dell’io. Questo ultimo paradigma della droga Zombie sembra introdurci in un universo differente. La contestazione trasgressiva del sistema eroina e la sua assimilazione iperattiva cocaina ha lasciato il posto ad un altro paradigma quello che la droga zombie mette in luce è che la finalità ultima della droga è sempre una finalità mortifera. Freud aveva parlato a questo proposito del principio del Nirvana: azzerare le tensioni della vita, estinguere la spinta del desiderio, condurre la vita verso lo zero assoluto. La droga Zombie dichiara in modo inequivocabile questa finalità ultima dell’intossicazione. Nessun paradiso artificiale, nessuna trasgressione, nessuna critica al sistema. Anche nessun potenziamento narcisistico del proprio ego, nessuna volontà di potenza, nessun godimento neo – libertino. Quello che resta è solo la vita che rigetta la vita, la vita già morta, la vita bloccata, immobilizzata. La vita senza alcun avvenire di vita. Si tratta dell’anima più propria dell’intossicazione, della sua vocazione più profondamente nirvanica. E’ la faccia in ombra della maniacalità neolibertina. Mentre questa si consuma nella sua spinta avidamente illimitata di consumo, il drogato – Zombie ha gettato la spugna, si è ritirato dalla gara perpetua di tutto contro tutti, solo ad annientarsi, a ritirarsi alla dimensione minerale di una scultura senza anima.
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