PSICOAPTOLOGIA DEL DITTATORE
Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il
PSICOPATOLOGIA DEL
DITTATORE
La violenza della guerra è cieca, come l’ideologia che la ispira. Il rapporto tra ideologia e cecità è un grande tema di discussione della filosofia politica. Per la psicoanalisi l’accecamento della visione della realtà può dipendere da diversi fattori, il più importante è l’infatuazione narcisistica per se stessi. Essa agisce come una lente deformante che offre una visione distorta della realtà. Narcisismo maligno e paranoia sono termini convergenti, tutto ciò che è altro da me minaccia di morte la mia sussistenza. Questa è l’attuale posizione del dittatore Putin Si può pensare che alla radice della seduzione della guerra vi sia sempre una sorta di esondazione paranoica del narcisismo umano. Il Novecento ci ha insegnato che la megalomania paranoide dei grandi leader per conquistare il consenso e sospingere le masse verso la guerra necessitava però di un’altra condizione oltre a quella idolatricamente narcisistica e cioè l’ideologia. Il narcisismo folle dell’Io per riuscire a mobilitare i collettivi umani deve sempre agganciarsi solidamente ad una causa. Nel Novecento ne abbiamo avute diverse: la Razza, la Storia, l’Impero, il Popolo . Nella recente guerra in Ucraina troviamo ancora in primo piano questo connubio che sembra risorgere spettralmente dal Novecento
Da una parte l’espansionismo dell’Io di un dittatore, Vladimir Putin, autoritario , centrato su se stesso, incarnazione di un fantasma machista e paranoide che vive la democrazia come una minaccia costante alla propria identità, dall’altra l’ideologia del ritorno nostalgico alla Russia sovietica, a un nazionalismo imperialista che rifiuta il cammino della storia verso la democrazia. Non a caso il dittatore Putin , sebbene sia un prodotto culturale diretto del comunismo russo, è sempre stato guardato con ammirazione dalle Destre occidentali. Il pugno di fero, la rivendicazione sovranista, la difesa militare dei propri confini, il disprezzo per il parlamento e per la cultura illuminista dell’Ottocento definiscono il ritratto di un leader rivoluzionario. Ne è un esempio l’uso della macchina ideologica nella vicenda ucraina che vorrebbe trasfigurare la violenza tragica della guerra in un’operazione politica considerata necessaria. La parola “guerra”viene ancora sistematicamente censurata dai media del regime russo a favore della formula neutra di “operazione speciale. La retorica del potere e della tirannide ci aveva abituati nel Novecento a sofismi linguistici che tendevano a nascondere lo scempio traumaticamente brutale della violenza. Questa divaricazione tra il linguaggio e la realtà è una astuzia di ogni regime totalitario come quello del dittatore Putin. L’imperialismo dell’idea schiaccia con non curanza e totale indifferenza la singolarità insacrificabile della vita. La sconcertante continuità antropologica tra i nostrani sostenitori del dittatore Putin e i No Vax più ideologici riflette bene la totale insensibilità e mancanza di solidarietà nei confronti della vita degli altri. Sappiamo che sono sempre le popolazioni civili a patire le conseguenze più tragiche dei conflitti armati. Il numero di sfollati , feriti, rifugiati , morti trai civili è in ogni guerra sempre superiore a quello dei soldati caduti in battaglia. E’un meccanismo fatale , più si accentua il valore ideale della Causa , più perdono valore le vite degli uomini reali. E’la spina dorsale di ogni ideologia, il suo tratto marcatamente fondamentalista. Le giovani generazioni russe , culturalmente più libere dall’accecamento ideologico ricorderanno al dittatore imperialista che al fondo di ogni ideologia si annida sempre una pulsione di morte. Lo spirito illuminista e democratico dell’Europa riuscirà a contrastare la terribile seduzione paranoica della guerra.
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