VIAGGIO IN TRENO TRA FRAMMENTI DI MEMORIA

Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il


“In carrozza emergono scene di tempi sereni”. La Terapia del viaggio è stata ideata nel 2009 dallo psico – pedagogista Ivo Cilesi, mirata a stimolare, attivare e mantenere le funzioni cognitive e fisiche non completamente deteriorate dei pazienti con malattia da Alzheimer.

La terapia si prefigge di ridurre i disturbi del comportamento e dell’umore come l’insonnia, l’aggressività, la depressione e di ridurre il cosidetto wandering e l’assunzione di farmaci.

Il metodo prevede, appunto, di simulare un viaggio in treno e di proiettare dei video di località che possono essere state parte della vita dei pazienti.

Questi viaggi per i pazienti sono veri racconti, hanno perso la memoria cognitiva, semantica, procedurale, ma quella affettiva e l’amore rimangono.

Il protocollo prevede un ciclo di dieci sedute, per un viaggio a settimane. L’operatore deve utilizzare frasi come “Andiamo a fare un giro , le piacerebbe? Devo andare in treno , vuol venire con me? Mi accompagna? Ho due biglietti vuol venire con me?

La meta non deve essere mai esplicitata dall’operatore.

Alcuni pazienti dicono “Andiamo a casa”dove per casa non s’intende l’ultima in cui hanno vissuto. A volte è la casa dell’infanzia.

I malati hanno una memoria remota che permette loro di ricordare immagini di quando avevano sei anni, ma non di un momento prima.

In generale comunque la casa è lo stare in carrozza, è la relazione che si crea.

Il tipo di viaggio viene scelto a partire dal vissuto dell’ospite, grazie ai colloqui preliminari che si hanno con la famiglia.

In questo modo si può scegliere il tema più adatto, mare, città, campagna.

La durata è variabile e durante il percorso l’operatore annota la comunicazione verbale ma anche quella non verbale.. I ricordi emersi durante il tragitto vengono poi ripresi in reparto come temi per la stimolazione cognitiva.

Tra i compagni di viaggio possono esserci anche i familiari, che sono spesso la parte più fragile e che più necessita di supporto.

Spesso proprio i familiari non riconoscono la malattia, non l’accettano.

Fare il viaggio serve anche a questo.

Guardando le brochure di tutti i treni terapeutici si viene catapultati in un’epoca che va dagli anni’80 agli anni’90.

Forse perché allora si viaggiava tanto in treno, magari fra venti anni ci sarà la terapia del viaggio in aereo.

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