VIOLENZA DI GENERE. CHE COSA SERVE AI RAGAZZI

Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il

Dopo i drammatici episodi di femminicidi che hanno scosso il Paese, è iniziato un dibattito su come educare i giovani a rispettare e a riconoscere l’identità e le esigenze delle persone di genere diverso. Si sono susseguite proposte estemporanee sull’educazione all’affettività oppure alle relazioni senza che nessuno sapesse esattamente di che si trattava. Anche il governo di estrema destra si è mosso con il  Ministro Valditara ( che politicamente appartiene alla Lega ), che ha predisposto una direttiva, in realtà piuttosto scarsa dal titolo “ Educare alle relazioni” che prevede corsi extracurricolari da svolgere negli Istituti scolastici superiori con ragazzi e ragazze da quindici anni. Si tratta di una direttiva ministeriale che lascia agli Istituti la decisione di intraprendere i corsi, tuttavia data l’esiguità dello stanziamento economico non comporterà un coinvolgimento delle scuole. Di fronte a questa iniziativa è inevitabile chiedersi quale sia la finalità del progetto, che intenderebbe sensibilizzare gli adolescenti e cambiare i loro pregiudizi e le loro sopraffazioni nei confronti delle coetanee, ma penso, anzi spero, verso i coetanei gay che spesso vengono emarginati e bullizzati. Questo obiettivo ambizioso farebbe tremare i polsi anche a Freud che costruì un edificio teorico su come si sviluppano le relazioni fin dall’infanzia e soprattutto come prendono corpo la sessualità e l’identità di genere. Ho fatto riferimento all’infanzia perché in questa fase della vita si creano le basi della relazionalità nel rapporto con i genitori ed all’interno della famiglia e si sedimentano profondamente nel carattere. Tutto questo avviene nel calore delle relazioni coi genitori, coi quali si crea uno scambio emotivo continuo che aiuta il bambino ad apprendere il lessico delle emozioni che guidano poi le relazioni con gli altri. Le emozioni e relazioni sono strettamente intrecciate e condizionano il carattere anche nel successivo  corso della vita. Naturalmente il carattere non è immutabile, in adolescenza va incontro a ulteriori cambiamenti assorbendo pregiudizi e credenze che riguardano il modo in cui si percepiscono gli altri, ossia come si valutano persone del proprio o di altro genere e di conseguenza come ci si comporta con loro. Ho spiegato brevemente come si costruisce il carattere  ed  il modo di relazionarsi con gli altri per sottolineare che una lezioncina  di un docente disattento e poco motivato non aiuta a divenire consapevoli di sé stessi e del modo di comportarsi con gli altri, anzi può addirittura avere un’influenza controproducente se vengono trasmessi luoghi comuni e stereotipi. 

Si è parlato di utilizzare Focus Group che, sotto l’etichetta inglese, designano discussioni di gruppo con gli allievi, sul tema prescelto. Questo metodo può funzionare , come ogni discussione in classe, se si affronta un tema di attualità o storico, ma non può influire su stereotipi e preconcetti radicati anche a livello inconscio. E’ evidente che è necessario approfondire l’approccio con gli adolescenti che devono sentirsi coinvolti anche emotivamente nelle dinamiche di gruppo  quando si affrontino temi che riguardano la loro vita quotidiana, come i rapporti tra ragazzi e ragazze e le relazioni sentimentali che suscitano, a volte, reazioni incontrollabili, come gelosie, risentimenti, odi e delusioni. Sarebbe più utile costruire gruppi maschili e femminili, che si confrontino su questi temi, naturalmente con grande coinvolgimento personale, con la presenza di un coordinatore esperto che riesca a visualizzare gli stati d’animo che emergono nell’incontro. Mi sembra difficile che possano essere gli insegnanti a svolgere questo ruolo, occorrono piuttosto operatori della salute mentale, abituati a lavorare con gli adolescenti. Non bisogna essere bacchettoni ne accondiscendenti, ma graduare gli interventi sapendo ascoltare e decifrare le comunicazioni dei ragazzi e delle ragazze. Prima di partire con questa iniziativa occorre definire bene il progetto e, come accade nel campo della medicina, il primo imperativo è primum non nuocere. 

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