LE INCROSTAZIONI DEI NE’ NE’
Pubblicato da Dott. Adriano Bruni il
LE INCROSTAZIONI DEI NE’ NE’
Gli esperti di geopolitica sono d’accordo nel condannare la guerra scatenata da Putin e nel ritenere senza speranza la resistenza ucraina. La sproporzione delle forze in campo non lascerebbe dubbi sulle sorti del conflitto. Dunque meglio arrendersi subito e lasciare il campo alla diplomazia che prolungare la carneficina, come se sfuggisse il nesso evidente tra le sorti delle trattative e l’importanza della resistenza militare ucraina. Ne consegue che per questi esperti Zelensky sarebbe colpevole quanto Putin di esporre il proprio popolo ad una carneficina insensata invece di arrendersi accettando le condizioni di pace imposte dal Cremlino. Questo ragionamento è condiviso anche da una certa sinistra nel nome del pacifismo. Prima una guerra si interrompe prima si arrestano le morti. Il né né non può essere rifiuto di prendere le parti della Nato o della Russia perché Ucraina oggi non coincide con la Nato, ma con le vicissitudini di un popolo che rivendica con decisione e legittimità il suo diritto a non essere sottomesso. Tuttavia il discorso che reclama la fine immediata della guerra non sembra far una grinza. La grinza c’è ed è qualcosa che può sfuggire anche alle più sottile analisi geopolitiche. In psicanalisi si chiama forza del desiderio, concerne una dimensione della potenza che non è primariamente militare. Ne abbiamo diversi ritratti, anche mitici. Uno tra i più noti è quello biblico di Davide che sfida il gigante filisteo Golia. Ricordiamo le parole minacciose con le quali questi si rivolge con arroganza al gracile pastore, “fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche”. Non è difficile cogliere qui la prossimità del suo gergo con la più recente retorica putiniana. Davide non arretra, né si lascia intimorire. C’è sempre in ogni lotta un fattore supplementare che esorbita le capacità militari e le arti strategiche. Non perché queste non siano necessarie per vincere, ma la forza di Davide è innanzitutto nella sua nuda fede, è davvero la forza indomabile del suo desiderio. E’ quello che forse Putin ha maggiormente sottovalutato. E’ quello che attraversa gli individui e i collettivi ogni qualvolta la decisione di combattere non è subita, imposta, genuflessa ad una causa estranea, ma scaturisce da un profondo sentimento di giustizia e di rifiuto del sopruso. Questa forza è l’incalcolabile di questa guerra, la grinza che disfa i discorsi più lineari.
. I volti spauriti dei giovanissimi soldati russi fatti prigionieri non denunciano solo l’inadeguatezza militare dell’esercito di Putin, ma rilevano anche la ferocia fascista del suo regime, la menzogna situata sistematicamente al posto della verità. Non si tratta di una operazione speciale di denazificazione di un territorio di confine, ma di una vera e propria guerra di invasione contro uno Stato sovrano e indipendente. Questi ragazzi sono vittime dell’inganno dell’ideologia , simili in questo a quelli delle varie gioventù miliziane tipiche di tutti i regimi totalitari. Solo che in questo caso non abbiamo traccia di fanatismo , ma soltanto di paura. Questi ragazzi, in fondo, non solo mancano della formazione necessaria per combattere al fronte, ma non sanno nemmeno dove sono e per cosa combattono. L’accusa che una certa sinistra rivolge a Zelensky d non arrendersi non coglie questo punto elementare: un intero popolo di uomini e d donne si rivolta con la potenza della loro nuda fede contro l’oppressore non perché segue fanaticamente il suo leader, ma perché non vuole rinunciare alle sue libertà democratiche e alla sua identità. Il vero terrore di Putin non sono, infatti, le armi della Nato sul confine, ma l’incubo altamente contagioso della democrazia. In questo senso la sinistra ideologica e populista che non si schiera apertamente a fianco della resistenza del popolo ucraino, invocando la retorica del “né né”, perde l’occasione per mostrare la sua adesione alla democrazia contro ogni forma di dittatura, ivi compresa quella del popolo che, come sappiamo, è purtroppo una matrice archetipica, difficile da estirpare, della sua storia. L’invocazione artefatta della”complessità”contro la sterile propaganda di coloro che vorrebbero distinguere senza indugi la democrazia da altre forme autoritarie di governo, l’equiparazione tra la democrazia americana e l’autocrazia putiniana, la critica alla Nato e all’Europa che finisce per attenuare di fatto le responsabilità criminali della Russia di Putin e del suo regime nell’aver provocato questa guerra, insomma tutta la retorica variegata dell’equidistanza, rivelano, in realtà,delle incrostazioni menestiche profonde della sinistra ideologica e populista che impediscono di aderire sino in fondo alla cultura della democrazia.
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